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Psicologia Clinica e Forense – Psicoterapia – Logopedia

Altruisti nati. Perchè cooperiamo fin da piccoli?

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Siamo degli altruisti nati? Questa è la domanda che si pone Michael Tommasello, psicologo evoluzionista americano, il quale affronta il tema partendo da un’osservazione molto semplice e quotidiana: qualsiasi bambino è naturalmente socievole e disposto all’aiuto, ben prima che i genitori gli insegnino quello che siamo abituati a chiamare “buona educazione”.

Risultati immagini per altruismo bambiniPer capire se questa attitudine è davvero innata e i bambini sono degli altruisti nati, Tommasello ha studiato attraverso esperimenti di laboratorio il comportamento dei bambini tra il primo ed il secondo anno di vita. I risultati sono stati sorprendenti: i piccoli di uomo sembrano davvero unici per quanto riguarda la tendenza ad aiutare il prossimo mettendo da parte il vantaggio individuale, fin dalle primissime fasi dell’esistenza. Ad esempio, durante gli esperimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, i bambini rinunciavano ad attività divertenti per aiutare un adulto in difficoltà. Inoltre, ciò che sembrava motivare l’altruismo non erano tanto le ricompense esterne, ma la partecipazione empatica dei confronti dell’altro.

I bambini hanno una naturale predisposizione all’aiuto e alla cooperazione, che li porta ad essere degli “altruisti nati”, ma poi imparano ad essere selettivi nel decidere a chi essere di aiuto e fornire informazioni. Imparano anche a gestire le pressioni che possono suscitare negli altri come un modo per influenzare le reazioni degli altri nei loro confronti. Inoltre imparano le norme sociali che caratterizzano il mondo culturale in cui vivono e si impegnano attivamente ad identificarle e a rispettarle. Cominciano addirittura a contribuire al processo di rafforzamento ricordando agli altri quelle norme e punendo sé stessi attraverso i sensi di colpa e la vergogna se non le rispettano. Tutto ciò suffraga l’esistenza di una sorta di identità di gruppo, cioè la sensazione di far parte di una dimensione intenzionale più vasta, quella del noi.

Tommasello chiama i processi psicologici soggiacenti a queste forme di cooperazione “intenzionalità condivisa”, cioè un senso del noi che consisterebbe nella capacità di creare con gli altri intenzioni ed impegni congiunti in un’ottica di sforzo cooperativo. Crescendo, i bambini sono sempre più equipaggiati per partecipare a questo pensiero cooperativo di gruppo, grazie ad una specifica forma di intelligenza culturale che include capacità, motivazioni sociali e cognitive specie-specifiche necessarie alla collaborazione, alla comunicazione, all’apprendimento sociale e ad altre forme di intenzionalità condivisa. Queste capacità specifiche sono sorte come adattamenti che hanno permesso agli esseri umani di funzionare efficacemente in ciascuno dei loro numerosi e differenti mondi culturali auto-costruiti.

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In sostanza, nonostante una possibile predisposizione all’altruismo, la sua piena espressione dipende dall’esperienza. Un’ulteriore dimostrazione del ruolo dell’esperienza nell’altruismo infantile arriva dagli studi sui bambini vittime di abusi. Questi ultimi, a differenza di bambini senza storie di abusi, non dimostravano la minima partecipazione empatica nei confronti di un altro bambino sofferente, al contrario lo minacciavano o lo aggredivano. È quindi possibile che un trattamento abusante abbia la meglio sulla tendenza naturale all’altruismo, ma questi dati sembrano anche suffragare l’idea che i bambini si adeguino all’input ricevuto dal loro mondo e che dice loro come le persone reagiscono ai bisogni degli altri.

Più in generale il mondo in cui viviamo, le norme culturali, le leggi e le istituzioni non potrebbero esistere senza tolleranza e fiducia, che probabilmente sono l’unico vero grande vantaggio evolutivo della specie umana.

Una prima considerazione deriva dal fatto che gli esseri umani si impegnano attivamente per insegnarsi le cose a vicenda e non riservano le loro lezioni soltanto ai membri della propria famiglia. In questo senso l’insegnamento è una forma di altruismo, basata su una motivazione di aiuto, in cui gli individui danno informazioni agli altri perché possano servirsene.

Gli esseri umani hanno anche la tendenza ad imitare i membri del gruppo al solo scopo di essere come loro, cioè di conformarsi. In molti casi impongono anche ad altri membri del gruppo norme sociali di conformità concordate, supportate anche da varie punizioni potenziali o sanzioni previste per coloro che oppongono resistenza. Da un certo punto di vista, promuovere il rispetto delle norme è un atto di altruismo poiché tutto il gruppo trarrà beneficio dal tentativo di rimettere in riga il trasgressore.

Le limitazioni e la conformità sono stati per molti versi le fasi determinanti che portarono gli esseri umani in nuove direzioni da un punto di vista evolutivo. La ragione è che questi due aspetti possono creare un alto grado di omogeneità all’interno del gruppo e di eterogeneità tra i gruppi. Proprio in virtù di questo fatto diventò possibile un nuovo processo di selezione culturale di gruppo.

In conclusione, l’homo sapiens si è adattato ad un livello senza precedenti ad agire e pensare in modo cooperativo. I gruppi culturali e di fatto tutte le più straordinarie conquiste cognitive umane, dalle tecnologie complesse ai simboli linguistici e matematici, alle più intricate istituzioni sociali sono il prodotto non di individui che operano da soli ma di individui che interagiscono e dunque sì, siamo degli altruisti nati.

Dr.ssa Matia Pagliasso
Psicologa Clinica

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