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Psicologia Clinica e Forense – Psicoterapia – Logopedia

L’ESPERTO RISPONDE: adolescenti e tecnologia. Come è più utile comportarsi, da genitori?

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Buongiorno, sono madre di due figli di 16 e 11 anni e li vedo sempre incollati ai loro smartphone o ai videogiochi. Il padre ed io abbiamo deciso di comprarglieli siccome ormai sembra impossibile vivere senza, ma sono un po’ preoccupata. Non è che fanno male? Potreste darmi qualche dritta al riguardo?

Buongiorno signora,
grazie per averci contattati, solleva una questione di grande attualità. È difficile rispondere in modo univoco, poiché ci troviamo di fronte non a una semplice moda, ma a un cambio radicale della nostra società. Quella che i nostri figli stanno vivendo (e noi con loro) è una rivoluzione tecnologica importante. Il cambiamento riguarda tutti, sancisce una nuova forma di “normalità” sociale (come giustamente lei scriveva ormai pare impossibile fare a meno della tecnologia), entra appieno nelle nostre abitudini e ne crea di nuove. Ciò semplifica le cose per i nostri ragazzi: i figli del 3° millennio fanno un uso delle nuove tecnologie che è assolutamente spontaneo, naturale, immediato – i sociologi parlano di nativi digitali per descrivere il fatto.

Alcuni dati. Rispetto ai nuovi mezzi di comunicazione le vorrei fornire prima di tutto alcune informazioni. Diversi studi riportano che negli ultimi 15 anni gli adolescenti passano meno tempo fuori casa con i loro amici, hanno meno fretta di prender la patente o di avere appuntamenti romantici, si sentono più spesso esclusi o soli e dormono meno. Come leggere questi dati? A prima vista si potrebbe concludere che il tempo speso sui social media sta impoverendo e rallentando le nuove generazioni, ma credo che la situazione sia più complessa. Le ore dedicate alla comunicazione virtuale fanno sì – parallelamente – che ragazzi e ragazze d’oggi siano molto meno esposti a rischi quali l’uso di alcol o di sostanze stupefacenti, nonché a rapporti sessuali precoci. In generale lo schermo è anche una protezione, un filtro rispetto a esperienze che le generazioni precedenti hanno vissuto in modo più diretto e immediato.

E i videogiochi? Rispetto ai videogiochi il discorso è analogo. Se da una parte la loro pervasività pare spesso eccessiva, dall’altra offrono opportunità di svago (e di fantasia) notevoli. Il gioco, nei bambini (ma anche negli adulti!), ha sempre svolto una funzione fondamentale, cioè quella di permettere la sperimentazione di determinati comportamenti – ed emozioni – in un ambiente protetto, in una semirealtà creata apposta per essere cornice fantasiosa di ogni sorta di sfide, utili a crescere ed imparare a stare al mondo. 40 anni fa il bambino che giocava a calcio in cortile con gli altri bambini imparava (fra le righe) il gioco di squadra, la determinazione, il senso della fatica, i limiti del corpo, la gioia dell’allenarsi e via dicendo. Analogamente, i ragazzini che ad oggi giocano online sconfiggendo mostri e draghi o vincendo Coppe dei Campioni virtuali imparano a gestire la propria aggressività e competitività, chiacchierano con altri coetanei che magari vivono in altre città, si confrontano e coordinano con gli amici e – come in un racconto fantastico – si identificano con gli eroi intrepidi e valorosi che affrontano missioni. In entrambi i casi il gioco diventa una metafora, portando a sperimentarsi nella sfida che – per tutti noi, giovani o meno giovani – è la vita.

Come devono porsi i genitori? Il punto più importante, però, è un altro. La tecnologia sta seguendo un suo sviluppo, con innegabili pregi ed altrettanto innegabili difetti, ma il fattore umano resta centrale. In ogni generazione qualcuno ha incolpato qualche forma di svago per la cattiva educazione dei più giovani (“sta tutta la notte a leggere quei romanzetti di fantascienza”, “è sempre incollato alla televisione”, “sempre a perdere tempo al campo sportivo”), ma ciò che più influisce sulla crescita dei nostri figli è la nostra capacità di essere in relazione con loro. Il consiglio che allora posso darle, forse scontato, è di restare accanto a loro nella loro crescita, cercando di comprenderne la realtà, aiutandoli a pensarla assieme, a immaginarla negli aspetti più e meno belli, a costruire assieme quella proverbiale via di mezzo che potrà essere la strada unica e personale che percorreranno verso il loro futuro.

Dr. Martino Lioy
Psicologo

 

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