Lucia, 16 anni
“Buongiorno,
vi scrivo perché nell’ultimo anno ho avuto delle grandissime difficoltà e ora sono in crisi. Non so se riprendere a settembre gli allenamenti di corsa. Faccio atletica da molti anni ormai, mi alleno tantissimo e partecipo a competizioni anche nazionali… ma quest’anno è stato molto difficile perché prima di ogni gara stavo malissimo. Il giorno prima mi è capitato di soffrire di dolori alla pancia, il mattino stesso della gara ho avuto spesso giramenti di testa e ogni volta ho pensato che non ce l’avrei fatta. Invece durante gli allenamenti è andato sempre tutto bene, nessun sintomo e nessuna preoccupazione. Non voglio che si ripeta anche l’anno prossimo, ma non vorrei neanche dover rinunciare alla mia passione.
Cosa mi succede?”
Cara Lucia,
sembra proprio che quest’anno tu abbia vissuto una forte ansia da prestazione.
L’ansia è un’emozione antica e universale, si avvicina alla paura e deriva dalla percezione di un pericolo per la sopravvivenza. Ma in una competizione sportiva il pericolo non c’è.. in teoria! Diversi fattori possono contribuire, però, nell’interpretazione di una gara come “pericolosa”. Vediamoli:
1. La lettura della competizione come una minaccia all’autostima: in questo caso dovresti chiederti se un possibile fallimento sarebbe in grado di mettere in discussione il tuo valore (“se perdo non sono buona a nulla”), o minare il riconoscimento degli sforzi fatti (da parte dell’allenatore? dei genitori? dei compagni di squadra?).
2. le aspettative degli altri, e nostre: ci possono essere delle pressioni da parte delle persone a te vicine che possono influenzare il tuo vissuto. A questo proposito dovresti chiederti se, rispetto agli anni precedenti, siano aumentate le speranze della squadra nei tuoi confronti, o se la tua famiglia si è interessata in modo diverso ai tuoi risultati.
Allo stesso tempo, prova ad analizzare i tuoi obiettivi dello scorso anno: erano davvero raggiungibili? Tante volte, soprattutto nel periodo adolescenziale, abbiamo la tendenza a voler sfidare i limiti della realtà (e quindi anche i nostri): se da una parte questa è proprio la vera essenza dello sport, dall’altra dobbiamo chiederci quanto “onnipotenti” siano gli obiettivi che ci poniamo. Infatti un obiettivo irraggiungibile ci porterà sempre frustrazione, con il rischio di sentirsi impotenti. A quel punto avere ansia per una gara è una conseguenza più che logica!
3. la considerazione delle proprie capacità come basse: dall’altro lato, ci potrebbe essere la visione della gara come una sfida insormontabile rispetto alle capacità che riteniamo di avere. All’improvviso (oppure sempre?) potrebbe succedere di sentirsi profondamente inadeguati, non in grado di portare a termine la gara (o qualsiasi altra sfida?). Questa è la situazione più complessa da gestire perché in essa entrano in gioco alcuni pensieri “automatici” accompagnati da emozioni negative che hanno l’obiettivo di frenarci, e sono difficili da contrastare (“non ce la farò mai”, “sono fuori posto, cosa ci faccio qui?”, “vincere è impossibile”).
Sicuramente l’aiuto di un professionista in questo caso potrebbe essere utile a comprendere l’origine e il funzionamento di questi pensieri. Intanto, un primo tentativo di comprensione di cosa ci succede potrebbe essere chiedersi: “e se perdessi cosa succederebbe?”, osservando con un po’ di distanza la nostra risposta. Se la risposta non è verosimile o catastrofica (“non potrò mai più gareggiare”, “non mi vorranno più bene”, “capiranno che non valgo niente”), è molto probabile che questi pensieri automatici siano in atto.
Quindi… il problema non è la competizione in sé, ma con quali occhi la si guarda.
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