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Psicologia Clinica e Forense – Psicoterapia – Logopedia

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L’ESPERTO RISPONDE: indovina chi viene a cena?

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Giorgia, 29 anni

“Buonasera, sono Giorgia e vi scrivo perché, sebbene possa sembrare una banalità, il mio problema, in questo momento, è presentare il mio nuovo ragazzo ai miei genitori. Sono figlia unica, ho sempre avuto un ottimo rapporto con loro, con mia mamma in particolare di estrema confidenza, e con papà di stima. Voglio bene a loro e loro ne vogliono a me. La difficoltà nel presentare il ragazzo con cui sto da tre  mesi è che Sam è pakistano. E’ un ingegnere, è venuto in Italia dopo la laurea e ha un ottimo lavoro qui, ma so già che i miei genitori avrebbero da obiettare fortemente per il suo paese di origine e per la sua religione. Loro sono un po’ tradizionalisti, chiusi e paurosi, oltre ad avere visioni politiche destrorse. Sam è musulmano, rispetta le linee guida fondamentali della sua religione, ma in questi mesi non mi è sembrato proprio che questo potesse avere delle ripercussioni negative nella nostra relazione. guess-whos-coming-to-dinner_mgzoomIl nostro rapporto è davvero molto bello, per quanto così diverso da me sto proprio apprezzando la voglia di conoscerci e provare a costruire qualcosa. La nostra sarebbe inoltre per me la prima relazione nella quale penso che potrei fare un salto di qualità, andare a convivere magari tra un po’. Un po’ di miei amici già lo conoscono, ma ai miei genitori non ho ancora parlato di lui, un po’ per scaramanzia e privacy in generale all’inizio di una storia (tendono un po’ a invadere), un po’ proprio perché ho paura della loro reazione (ho potuto evitare di parlarne anche perché da qualche anno, da quando lavoro stabilmente, non abito più con loro). Non voglio ferirli, ma non voglio nemmeno rinunciare a una relazione che sembra molto bella per questo motivo”.

Cara Giorgia,
grazie per averci scritto. Il suo dilemma potrebbe sembrare anacronistico visto che, in teoria, siamo in una società multietnica dove le differenze in parte sono esaltate e riconosciute come ricchezza… Però in effetti sappiamo bene che non è per tutti così.

Leggendo la sua lettera, osservo che inizia facendo un cappello introduttivo proprio per sottolineare come sia importante e bello il suo rapporto con i suoi genitori.
Dai termini che ha usato sembra che sia un rapporto non solo stretto nel senso di vicinanza emotiva, ma anche stretto inteso come con pochi confini, come potrebbe far pensare il fatto che vengano descritti anche come un po’ invadenti. I genitori a volte, con le migliori intenzioni nella maggior parte dei casi, tendono a considerare i figli come un prolungamento di sé, non solo quando sono piccoli, ma anche da cresciuti.
Il compito di un figlio però è quello di diventare grande, e per crescere ci si deve separare dai propri genitori. In questo momento è molto preoccupata di dire loro qualcosa che potrebbe essere doloroso, perché è qualcosa che loro non vorrebbero per lei, se dovessero scegliere loro, perché per quello che ne sanno potrebbe essere rischioso. Qui però a scegliere è lei.

Mi sembra che comunque lei sia già consapevole del lato negativo (se così si può chiamare) dell’invadenza genitoriale: tant’è che autonomamente ha deciso di non condividere necessariamente tutto con loro, riconoscendo l’importanza di porre dei limiti.
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Un po’ di conflitto, per quanto doloroso, è pressoché necessario per diventare adulti autonomi. Da come si descrive, sembra che nella sua vita sia tutto come ci si aspetterebbe alla sua età: un lavoro che le ha permesso di uscire di casa, amici, una relazione. Sembra in grado quindi di scegliere, perseguire degli obiettivi e portare avanti delle relazioni. L’innamoramento per questo ragazzo, da come lo descrive, non sembra il colpo di testa della ragazzina che lo fa per fare qualcosa di strano e originale, ma sembra rientrare nella scelta ponderata di un partner, da come ne parla, con il quale immagina che potrebbe anche  avere desiderio di progettualità.

Per quanto riguarda il timore specifico di presentare il suo fidanzato a casa, è sicuramente vero che capita spesso che “l’altro”, inteso come quello diverso da sé, lo sconosciuto (straniero, omosessuale….)  sia qualcosa che in quanto nuova e non riconoscibile a priori genera paura e quindi pregiudizi in chi di base è tradizionalista e poco propenso ad accettare la novità. E’ altrettanto vero che una buona parte delle persone sono disposte a modificare il giudizio quando avviene un contatto diretto: il migliore amico di Sandro, tanto simpatico, è gay, il collega di lavoro è dell’India. A volte il cambiamento del pensiero crea solo un’eccezione “tutti gli stranieri sono dei buoni a nulla/i gay sono dei pervertiti, ma Samir è dolce/l’amico di Sandro è davvero simpatico e un bravo ragazzo”. A volte invece si ha una messa in discussione del pregiudizio più profonda. A volte capita invece che i pregiudizi siano più radicati e che siano davvero difficili da scalfire, ma di fronte a contatti diretti (e a”prove”concrete) è possibile nel tempo quantomeno smussarli.
E’ chiaro che non possiamo essere sicuri che i suoi accoglieranno subito la notizia della relazione con gioia, ma questo è qualcosa che credo lei possa affrontare, tollerando la possibilità di un conflitto, non vedendo questo come causato da un suo capriccio ma da un percorso di crescita, utile e necessario.
Resto a disposizione per ulteriori dubbi.

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