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PSICOLOGIA E LIBRI “Una bambina”… una storia vera che ci parla di resilienza

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Copertina una bambina

Mi è capitato recentemente tra le mani il libro “Una bambina” di Torey L. Hayden.
Avevo comprato questo libro durante i primi anni di università, dietro consiglio di un’amica. Ne avevo un buon ricordo, così ho deciso di rileggerlo e devo dire di aver ritrovato un libro coinvolgente, emozionante e denso di spunti di riflessione.

Il libro racconta la storia di Torey, insegnante in una scuola elementare americana. All’inizio dell’anno scolastico le viene affidata quella che è definita la “classe pattumiera”:

“C’erano classi per ritardati mentali, classi per bambini emotivamente labili, classi per handicappati fisici, classi per chi aveva disturbi del comportamento, classi per chi aveva difficoltà di apprendimento. E poi c’era la mia classe. Io avevo gli otto bambini esclusi da ogni possibile classificazione. Ero l’ultima tappa prima degli istituti speciali. Avevo la classe dei giovani rifiuti umani

Siamo in America, nell’anno precedente ai primi tentativi di integrazione dei bambini difficili.
Torey, in un edificio isolato dal resto della scuola, ha due soli aiuti: Anton, un lavoratore stagionale senza formazione né esperienza nel campo, arrivato lì attraverso le liste di collocamento, e Whitney, una studentessa quattordicenne che ha deciso di dedicare le sue due ore di doposcuola a lavorare in quella classe.

“Quando mi vidi davanti, per la prima volta, quell’insieme eterogeneo di bambini e l’altrettanto eterogeneo corpo insegnanti mi sentii per un attimo disperata. Come potevamo diventare una vera classe? Come potevo insegnare a quei bambini la matematica, come avrei fatto tutti gli altri miracoli che era necessario compiere in nove mesi? Tre di loro non avevano il controllo delle funzioni fisiologiche e altri due ne avevano un controllo soltanto parziale. Tre non erano capaci di parlare, una non voleva. Due non riuscivano a tacere. Uno non vedeva. Certo era più che una sfida il contratto che avevo firmato”

Il momento più difficile arriva però a Gennaio, quando, nonostante fosse già stato raggiunto il numero massimo consentito dalla legge, viene inserita nella classe una nuova bambina, Sheila, in attesa che si liberi un posto al reparto infantile dell’ospedale statale, da cui probabilmente non sarebbe mai più uscita.

“Dal momento in cui avevo deciso di accettarla fino alla mattina in cui arrivò non mi era stato detto nulla sul suo conto, non avevo ricevuto nessuna documentazione, non sapevo nulla della sua storia passata. Sapevo soltanto quello che avevo letto sul giornale, un breve trafiletto a pagina sei”

“L’articolo era breve […] parlava di una ragazzina di sei anni che aveva rapito un bambino del vicinato. Quella fredda sera di novembre aveva portato il bimbo, di tre anni, in un giardinetto del luogo, l’aveva legato ad un albero e gli aveva dato fuoco

Da qui inizia la lunga ed intensa relazione che legherà sempre di più Torey e Sheila. Una relazione faticosa, fatta da piccoli passi avanti e stancanti regressioni, da faticose lotte per raggiungere anche piccoli obiettivi, da lunghi silenzi e frustranti attese.

“Nel profondo di quegli occhi ostili c’era una bambina, una creatura piccolissima che aveva già imparato che la vita non è un gran divertimento, per nessuno; e che il modo migliore per evitare di essere ancora una volta rifiutati è rendersi quanto più sgradevoli. Dopodiché non ci si può più stupire se si scopre di non essere amati”.

relazioneIl libro scorre raccontando il lento avvicinarsi di una all’altra per conoscersi e per capirsi meglio, per riscoprire la fiducia, l’amore, la relazione. Torey riuscirà a far emergere tutte le potenzialità di Sheila: una ragazza che sotto i capelli arruffati, gli occhi ostili, la puzza proveniente dall’unico vestito che possiede, nasconde un’intelligenza superiore alla media, una curiosità e vivacità sorprendenti. Sotto la rabbia, la paura, la violenza e la distruzione, nasconde un forte desiderio di dare e ricevere calore e affetto.
Torey riesce a cogliere queste potenzialità, riesce a guardare al di là dei comportamenti aggressivi e oppositivi, a vedere la fragile bambina e a farla rinascere. Cerca con lei di recuperare tutte le esperienze di cui la vita l’aveva crudelmente privata, di aiutarla a conoscere e capire il mondo fuori e dentro di sè. Il percorso non sarà facile e sarà costellato di numerosi momenti di stallo e di regressione. Ma prima della fine dell’anno scolastico, Sheila rinasce e sboccia come un fiore. Tranne che in alcuni isolati casi, ora è una bambina, allegra, solare, piena di vita, tanto che l’anno successivo verrà inserita in una classe “normale” della scuola statale.

Questa storia ci permette di riflettere su numerose domande:

“Come possono succedere certe cose, soprattutto ai bambini?”
“Ma i colpevoli sono i genitori o sono essi stessi delle vittime?”
“Davvero lo Stato non riesce a tutelare i minori vittime di violenza, maltrattamenti e incuria?”
“Quanto è possibile fare per questi bambini? Esistono davvero soluzioni alternative all’ospedalizzazione? Oppure questo è solo un caso eccezionale?”
“Cosa mette in campo Torey per riuscire ad andare al di là del muro costruito dalla piccola Sheila?”
“Sono meglio le classi speciali o l’integrazione?”
“Davvero la relazione può guarire?”
“E’ davvero così importante la prevenzione e l’intervento precoce?”

Vorrei però soffermarmi a riflettere su un elemento in particolare che emerge in modo sempre più chiaro e potente man mano che si prosegue con la lettura del libro, ovvero quanto l’essere umano possa essere tanto sorprendente nella sua capacità di affrontare e superare le difficoltà che trova davanti a sé.

“Lavorare con i bambini dalla vita tanto tragica e caotica mi confermava, giorno per giorno, nell’idea che gli esseri umani sono creature felici per natura. Sheila era molto instabile e le devastazioni emotive che aveva subito in passato erano in qualche modo incancellabili. Eppure, nello stesso tempo, non si poteva dire che, per lei, la felicità fosse tanto lontana.”

Come è possibile che Sheila, con tutte le problematiche personali, familiari e sociali con cui e nata e cresciuta sia riuscita ad affrontare un cosi grande cambiamento e diventare una bambina e poi una ragazza “normale”? Risulterebbe quasi incredibile se non sapessimo che si tratta di una storia vera. Quali sono stati i fattori che hanno contribuito al suo successo? Sicuramente l’incontro con Torey, che le ha regalato un’esperienza relazionale positiva che lei prima non aveva mai sperimentato. Sono state importanti poi le relazioni con Anton, Whitney, Chad (l’amico di Torey), altre figure adulte significative. Anche la classe è  stata per Sheila un riferimento, sia per le relazioni che è  riuscita ad instaurare con i compagni sia come luogo protetto, contenitivo, educativo. A tutto questo, poi, si sono aggiunte le straordinarie capacità personali di  Sheila: l’intelligenza fuori dal comune, la curiosità, la costanza, la creatività, l’entusiasmo.

La psicologia ha un termine per spiegare come questi fattori siano intervenuti permettendo a Sheila di superare difficoltà che sembravano insormontabili: resilienza, ovvero la capacità di raggiungere un esito favorevole dello sviluppo nonostante circostanze avverse e traumatiche.

Resilienza

Vi invito, a questo proposito, a leggere l’articolo “Come superare le difficoltà: una questione di resilienza” dove potrete trovare maggiori dettagli su cosa la psicologia intende con il termine resilienza, quali sono i fattori che gli studi hanno evidenziato come facilitatori per ottenere successo nelle situazioni di difficoltà e come fare per potenziarli.

Infatti, a mio avviso, questo libro ci offre un importante messaggio: come è riuscita Sheila, attraverso le proprie risorse personali e quelle che ha trovato all’esterno, a superare le difficoltà che la vita le ha posto di fronte, così chiunque può provare ad affrontare i propri problemi, piccoli o grandi che siano, per trovare un maggiore benessere e serenità.

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Autore_Benaglio

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