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Psicologia Clinica e Forense – Psicoterapia – Logopedia

L’arte incontra la disabilità – “Maternage – Tracce di un viaggio” a Trento dal 20 marzo 2016

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Maternage“Maternage – Tracce di un viaggio” è una mostra interattiva che nasce dall’incontro tra un’artista, Laura Morelli, e un’associazione, lábilità  Onlus

Dopo il grande successo di Milano, arriva anche a Trento, al Museo Diocesano Tridentino sino al 23 maggio 2016 (link alla pagina ufficiale), la mostra che racconta il vissuto quotidiano dei genitori e dei fratelli dei bambini con disabilità.

In Psicologia con il termine maternage viene indicato “il complesso di atteggiamenti e di azioni implicati nel rapporto madre-figlio, soprattutto nei primissimi anni. Essi possono essere iperprotettivi, esclusivistici, creatori di profondi legami di dipendenza; non raro è l’opposto, cioè una vera e propria carenza di maternage, di cure e affetto materni. Un maternage incongruo è rivelatore di una struttura abnorme della personalità o di conflittualità nevrotiche delle più diverse specie” (fonte Enciclopedia Treccani on line)

maternage immagineLa parola francese maternage  racchiude in sé il legame profondo tra madre e figlio, ma non solo. Oggi ci si riferisce a questo termine per indicare anche una tipologia di trattamento nel quale si ricrea l’insieme di cure e affetti di questo esclusivo legame. Nel caso della mostra, che prende in prestito dalla psicologia il termine maternage, indica invece un viaggio nelle emozioni e pensieri di madri, padri, fratelli e sorelle di bambini con disabilità.

Cosa accade infatti, quando nasce un figlio con disabilità? …il figlio non immaginato e non pensato?
Gli operatori e i genitori dell’associazione lábilità Onlus, che dal 1998 si occupa della promozione del benessere e il sostegno del bambino e dei genitori con disabilità, hanno provato a raccontarlo in questo progetto dal nome In viaggio senza valigie

All’ingresso della mostra si presenta un’enorme sfera di metallo riflettente accompagnata da un odore acre che scopro provenire dalle cipolle alla base della sfera. Alla parete sono appese delle cuffie. Ci si può sedere, ascoltare, guardare e sentire l’odore. Le voci sono quelle dei genitori e dei fratelli di bambini disabili, nella sfera ci sei tu riflesso, perché potrebbe accadere a te o perché semplicemente puoi vederti dentro in questa situazione. Ma perché le cipolle e il loro odore? Mi spiega la guida che avrebbero voluto tagliarle per poter lacrimare, piangere. Perché è questo che fanno i genitori al momento in cui viene comunicata la diagnosi. Piangono. O è quello che vorrebbero fare, ma non c’è tempo perché deve iniziare un viaggio inaspettato, perché la vita cambia, perché nulla sarà come prima, perché spesso per loro non c’è nessuno spazio, nessuno ad ascoltare e piangono in silenzio.

Si entra nella seconda stanza e le voci continuano, anche senza cuffie:

“…parti per la ricerca della colpa o del colpevole che non c’è e non ci sarà mai..
ma non ti farà stare meglio.”

“..l’autismo è come un’onda che arriva e infrange..”

“..i miei compagni ridono per i versi strani..
a volte rido anche io, ma a volte è una presa in giro e lo capisci dalla risata..
mi sento osservato e imbarazzato”

“il primo passo per andare avanti lo devi fare tu e solo tu”

Colpisce, soprattutto, sentire un bambino che parla di un altro bambino, il suo fratellino strano per cui i compagni guardano e ridono. Si sente osservato e imbarazzato e forse è la prima volta che lo dice ed ora lo può sentire chiunque entri in questa stanza.
A terra zucchero e spezie delimitano un percorso. Se si potesse vedere dall’alto si potrebbe notare che si tratta di un filo come quello del telefono di una volta, il simbolo dell’associazione, e sopra la “terra” al di fuori del filo… diversi oggetti suddivisi dall’artista, Laura Morelli, semplicemente per gruppo cromatico. Sono gli oggetti che i genitori e i fratelli hanno deciso di inserire nelle valigie a loro consegnate per raccontare la storia del viaggio con il loro bambino disabile. Si trovano giocattoli, vestitini, ma anche scatole di farmaci, ansiolitici, un diario alimentare compilato dalla mamma di un bimbo prematuro, con giorno, orario al minuto e quantità al grammo di latte che il piccolo è riuscito a prendere. Quel diario per lei era la tranquillità, la sicurezza. Ci sono disegni dei fratelli e delle sorelle più grandi e ci sono strisce di icone di Comunicazione Aumentativa, strumento di ausilio alla comunicazione di molti bambini che per motivi diversi non accedono al linguaggio verbale.

2016-02-05 17.12.29Al termine del percorso un ‘ultima stanza, le voci si affievoliscono e a terra si ritrovano materiali diversi posti lontani l’uno dall’altro, ma illuminati… terra, mattoni, pietre e foglie… sopra di essi un tubo, di quelli che portano acqua nelle nostre case. Anche in questa parte ci sono le vite di queste famiglie: le foglie rappresentano il bosco dove una mamma ritrovava la pace e la tranquillità, dove poteva evadere per qualche ora e non pensare più a nulla se non il sentire la natura tutta intorno a sé, i tubi colorati posti accanto o sopra ognuno di questi materiali rappresentano il collegamento tra loro… persone distinte, sconosciute, magari lontane geograficamente, ma con un enorme sofferenza in comune: la nascita di un bimbo disabile.

La mostra è breve, semplice ma efficace perché coinvolge la sensorialità del visitatore in toto. Fa pensare a quanto è importante ascoltare e sentire, in particolare nelle relazioni d’aiuto.
A Milano, durante il periodo della mostra, sono stati effettuati diversi laboratori, pensati in particolare per i bambini, per introdurre il concetto di disabilità attraverso l’arte e per sensibilizzare al processo di inclusione di questi bambini nella scuola e nella quotidianità.
Il museo si è fatto spazio sociale di condivisione e veicolo di un messaggio alla comunità.

L’artista Laura Morelli è riuscita ad utilizzare il materiale consegnato nelle valigie di queste famiglie per trovare la bellezza e l’armonia a prescindere dal dolore, come solo l’arte può fare. La sua ricerca artistica relazionale ha avuto inizio con la costruzione di macchine il cui apice è stato Survivoruna sedia robotica che cammina ricordando i sopravvissuti alle mine antiuomo (link). Ha, inoltre, svolto diversi progetti artistici tra cui installazioni sull’affido famigliare e l’Alzheimer.

Cosa significa dal punto di vista psicologico l’arrivo di un figlio disabile?

La nascita di un bimbo non immaginato è un momento estremamente delicato che comporta la ridefinizione dell’assetto famigliare. Rompe inevitabilmente o perturba in modo violento proprio il maternage. Si presentano difficoltà di ordine pratico e gestionale, accanto al dolore e all’isolamento, necessità di elaborare la diversità e di trovare un nuovo modo di definire le aspettative rispetto al futuro. Questo può mettere in crisi la coppia genitoriale o il singolo genitore. Le famiglie, se lasciate sole, possono percepire la disabilità come un masso che schiaccia, qualunque azione, iniziativa o progetto, come un peso impossibile da sostenere (Micheli, 2007). Nel dolore i genitori possono entrare in circoli viziosi che non permettono di andare avanti e di affrontare la quotidianità e, in questo caso, anche lo sviluppo possibile del bambino è ostacolato ulteriormente e il disagio psicologico della famiglia può solo aumentare.

Il sostegno psicologico della famiglia, accanto alle terapie dei bambini, è fondamentale per permettere l’elaborazione delle emozioni negative, l’accettazione del bimbo “imperfetto” e l’acquisizione di abilità di fronteggiamento. Nel genitore possono presentarsi sentimenti depressivi, di rifiuto, di non accettazione, ma alla presa di consapevolezza della diagnosi possono, invece, presentarsi sensi di colpa, vergogna e rabbia, verso se stessi ma anche verso la vita che è stata ingiusta con loro. Spesso questi sentimenti si alternano tra loro in un andamento ciclico. Da una ricerca condotta su un centinaio di famiglie emerge che il bisogno primario al momento in cui viene rivelata la diagnosi è quello di non sentirsi soli e abbandonati e come il 25% dei genitori sia rimasto insoddisfatto per le scarse informazioni e scarsa chiarezza del quadro clinico (Zanobini et al. 2002). Questo può portare poi il genitore alla ricerca di informazioni e pratiche terapeutiche non ufficiali e a dare credito a voci o informazioni contrastanti generando in loro confusione e frustrazione.

Sostegno psicologico da professionisti formati e psico-educazione dovrebbero entrare a far parte del welfare di base, per favorire il crearsi nelle famiglie di bimbi disabili di un nuovo equilibrio tra ruoli, relazioni e impegni quotidiani, per permettere cioè di far emergere un nuovo sviluppo famigliare possibile, la resilienza famigliare.

 Autore_Di Nunzio

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