Buongiorno,
sono Maria, una mamma di una bambina piccola, Camilla, di quasi tre anni. È figlia unica. Sono un po’ preoccupata per alcuni suoi comportamenti: quando io mi allontano da lei per uscire o per andare al lavoro, piange, urla, si butta a terra o si aggrappa a me. A volte faccio fatica a lasciarla andare, mi sento in colpa, come se l’abbandonassi. Camilla è stata sempre con me il primo anno di vita, poi io sono rientrata al lavoro e ho lasciato Camilla con i nonni. I nonni mi dicono che è normale che faccia così, ma io sono preoccupata, anche perché inizio a vivere questa situazione in maniera frustrante. Mio marito lavora tutto il giorno, fa dei turni stremanti, anche di notte. Quindi il papà non vive questa situazione come me, dice che esagero e che non devo preoccuparmi.
Inoltre, a settembre la iscriverò alla Scuola Materna e ho paura che l’ingresso a Scuola diventi complicato, per via dei suoi atteggiamenti e comportamenti. Non è andata al Nido e per me quindi l’ingresso alla Scuola Materna è la mia prima esperienza e la prima volta in cui lascerò Camilla a persone che non facciano parte della mia famiglia.
Mio marito e i nonni dicono che mi faccio problemi inutili, che questi atteggiamenti sono normali e che molti bambini piangono e urlano quando la mamma si allontana. Queste reazioni sono normali? Come posso fare per risolvere questi comportamenti per me difficili da gestire? Qual è la causa di queste reazioni? Devo portare la mia bambina da uno specialista?
Vi ringrazio per l’attenzione,
Maria
Buongiorno Maria,
innanzitutto la ringrazio per aver scritto e condiviso con noi la sua esperienza. Non deve essere semplice trovarsi a vivere una situazione di preoccupazione e frustrazione, come lei stesso afferma, da sola. Le informazioni fornite sono tante, mancano però alcuni aspetti su cui è utile soffermarsi: c’è stato un evento in particolare che ha causato queste reazioni? Queste reazioni avvengono sempre o solo in alcuni momenti?
Ad ogni modo, cercherò di darle qualche indicazione generale.
Innanzitutto, lei parla di pianto, urla e di comportamenti quali buttarsi per terra o aggrapparsi a lei quando si presenta la situazione in cui si allontana da sua figlia. In altri termini, quando avviene la separazione tra voi due. L’ “ansia da separazione”, così come viene definita in psicologia, è la reazione di spavento e di protesta che il bambino manifesta quando le sue principali figure di accudimento, in particolar modo la madre, si allontanano da lui o quando è in presenza di figure non familiari. Compare in genere intorno agli otto mesi di vita e talora può esprimersi anche con una crisi di pianto disperato, che si calma solo quando il piccolo viene rassicurato dalla presenza di chi normalmente si occupa di lui.
Rispondendo al primo quesito, proseguo con lo specificare maggiormente come si sviluppa e manifesta la cosiddetta “ansia da separazione”. È importante sottolineare che l’ “ansia da separazione” è una importante e normale fase di sviluppo, sia sociale sia intellettivo del bambino, che testimonia come egli abbia imparato a riconoscere chi si occupa di lui e come abbia stabilito con la figura di accudimento un legame di attaccamento. L’ “ansia da separazione” quindi fa parte del normale sviluppo e viene superata con la maturazione e l’acquisizione di una maggiore sicurezza di sé. Quindi, hanno ragione i nonni e suo marito quando verbalizzano che la separazione dalla mamma comporta delle reazioni. Tuttavia, è bene sottolineare che dopo un certo lasso di tempo il bambino impara ad apprendere che non gli succede nulla quando la mamma si assenta e che la sua assenza è momentanea e non persistente; quindi nel corso dello sviluppo impara a gestire la separazione in modo funzionale e senza reazioni eccessive, come il buttarsi per terra o attaccarsi alla madre.
Per i genitori non è sempre facile restare tranquilli di fronte al pianto di un figlio e alle sue continue richieste di attenzioni. È naturale che il bambino chiederà di non essere lasciato solo, di poter dormire ancora con loro, di non andare a scuola. È un momento delicato per tutti, specie per la madre che deve imparare a contenere le proprie emozioni, come il senso di colpa, la preoccupazione. Pertanto, è ragionevole ed è legittimata a sentirsi preoccupata o, come lei stesso dichiara: “a volte faccio fatica a lasciarla andare, mi sento in colpa, come se l’abbandonassi”.
Di seguito, elenco una serie di strategie che consentiranno di gestire le situazioni di separazione, rispondendo così al secondo quesito:
- dare le prime regole, brevi, semplici e coerenti;
- la separazione deve essere graduale: lasciare il bambino in contesti sereni e rilassati, con i nonni o con qualche figura che possa prendersi cura di lui per qualche ora. Affidare il bambino a qualcun altro aiuterà il genitore a superare la separazione e il bambino sarà abituato a separarsi dal genitore. Se l’esperienza della separazione è positiva, il bambino impara che la separazione può essere gestita e affrontata;
- prima di allontanarsi, è bene che i genitori lo preparino alla separazione salutandolo con un sorriso e rassicurandolo sul fatto che non vanno via per sempre, ma che ritorneranno;
- riconoscere le reazioni di protesta o di tristezza alla separazione: il bambino va riconosciuto nel suo dolore e deve essere calmato, non rimproverato;
- evitare comportamenti inibitori che possono bloccare il bambino nelle sue esplorazioni: rinforzare l’esplorazione dell’ambiente, dei giochi, delle situazioni nuove, sia in presenza che in assenza di estranei;
- evitare frasi del tipo: “ormai sei grande, non devi piangere”, mettersi vicino al bambino e accogliere le sue reazioni, tranquillizzandolo;
- evitare promesse che poi non saranno mantenute, non mentire sul proprio ritorno immediato e non garantire una ricompensa se questa non è utile al suo benessere o se non possiamo mantenere la promessa.
Rispondendo al suo terzo quesito, premetto che ogni individuo è diverso da tutti gli altri e che ogni situazione meriterebbe un approfondimento specifico. Comunque, esistono degli eventi comuni nella vita di molti bambini che soffrono o hanno sofferto di ansia da separazione. Ad esempio, è molto frequente che prima dell’insorgenza del disagio siano avvenuti cambiamenti importanti che hanno stravolto il nucleo familiare. Non è raro che queste reazioni emergono in seguito a un cambio di abitazione o dopo eventi traumatici di vario tipo. Altre volte, la paura può essere associata a un concetto di perdita, come la morte di un parente o di un animale domestico. Infine, tra le cause vi possono essere comportamenti iperprotettivi nei confronti del proprio bambino, dovuti all’eccessiva paura che accada qualcosa di brutto a quest’ultimo. Tuttavia, prima di parlare di cause, sarebbe opportuno rivolgersi ad uno specialista e determinare se si è di fronte ad un’ansia da separazione oppure no.
In ogni caso, è molto importante cercare di capire come il proprio figlio vive la separazione, quali sono le paure più frequenti e se nei mesi che hanno preceduto l’insorgenza dell’ansia si è verificato un evento che può aver inciso negativamente sulla vita del piccolo. A tal proposito, e giungo così all’ultima domanda, l’aiuto di un esperto come lo psicologo può aiutare meglio a chiarire questi aspetti. Inoltre, questa figura professionale, attraverso il gioco e il disegno può aiutare la piccola Camilla ad esprimere le sue paure e a vivere meglio l’ingresso alla Scuola Materna. Anche per i genitori può essere utile rivolgersi ad uno psicologo, che possa supportarli e sostenerli in questi momenti di difficoltà. Mi sembra di capire che lei si sente sola a gestire questa preoccupazione e che la situazione sia diventata “frustrante” e dunque può essere un’occasione in più per affrontare tutto questo con l’ausilio di un esperto e non più sola.
Spero che la mia risposta le possa essere di aiuto. Resto a disposizione per eventuali dubbi e chiarimenti. La invito a contattarci se la situazione persiste.
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