Silvio, 26 anni
Salve, ho 26 anni e sono gay. Vi scrivo perché non sono dichiarato con i miei genitori e non so come fare. Loro sono molto religiosi, bigotti e chiusi di mentalità, e che abitino in un piccolo paesino di montagna non aiuta. Non sono neanche mai riuscito ad accennargli la cosa. Più volte li ho anche sentiti dire cose contro i gay e le lesbiche e per questo ho sempre avuto paura della loro reazione. Cosa mi consigliate di fare?
Grazie
Caro Silvio, la sua storia in passato è stata quasi l’unica realtà possibile, purtroppo.
E’ sicuramente difficile (e ancora più deve essere stato da ragazzino) convivere con il pensiero che per i propri genitori ciò che si è “non va bene”, “è sbagliato”. Immagino le avrà creato dei momenti di grandissimo sconforto… La presa di consapevolezza e l’accettazione della propria sessualità non è sempre una passeggiata, attraversa spesso dei momenti conflittuali, e il vivere in un contesto in cui i messaggi che passano non sembrano essere assolutamente accomodanti e supportivi può fare davvero male.
Non solo deve essere stato difficile il percorso di accettazione, ma anche dopo, il sentire di non avere la possibilità di condividere con i propri cari i momenti negativi (ma anche positivi!) nei quali in qualche modo l’omosessualità fosse coinvolta!
Mi domando, non sapendo la sua storia, come mai emerga proprio ora il bisogno di dichiararsi a casa… Forse la piena presa di consapevolezza della sua omosessualità è avvenuta di recente, e quindi vorrebbe poterne parlare con i suoi, perché magari a parte il “dettaglio” dell’omosessualità c’è sempre stata molta confidenza; oppure perché è un periodo in cui è particolarmente sereno e con un buon equilibrio e questo sarebbe il tassello mancante per poter farla stare ancora meglio…
Magari è entrata una persona nella sua vita e vorrebbe poter condividere questa novità positiva. Potrebbe essere anche invece che sia un periodo particolarmente duro, e che quindi vorrebbe che almeno tra le mura domestiche si potesse stare bene.
Sarebbe bellissimo poterle dire vada, parli con i suoi e loro sicuramente le vorranno ancora più bene di prima, perché si è fidato di loro e loro hanno apprezzato questo gesto di amore e coraggio. Per molte persone è così per fortuna, ma non abbiamo la sfera di cristallo per assicurare che sarà così per tutti, senza tormenti, veloce e senza conflitti.
E’ vero che capita spesso che “l’altro”, inteso come quello diverso da sé, lo sconosciuto (omosessuale…straniero…) sia qualcosa che in quanto nuova e non conoscibile a priori genera paura e quindi pregiudizi in chi di base è tradizionalista e poco propenso ad aprire i propri confini (mentali e non solo!).
E’ altrettanto vero che una parte delle persone sono disposte a modificare il giudizio quando per motivi diversi avviene un contatto diretto. Questo l’avrà potuto osservare già magari facendo coming out in altri contesti…
A casa, con la propria famiglia, tutto ha un peso diverso. Reazioni che si potrebbero (dolorosamente) sopportare al di fuori, in casa (giustamente) assumono un aspetto più minaccioso.
Quello che mi viene in mente, guardando anche la sua età, è che se forse per un quindicenne, nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere garantito che i propri tormenti venissero compresi e supportati dai genitori, a 25, forse vale la pena continuare a creare una sicurezza esterna (se già non ci fosse), magari in un contesto di amici, un lavoro, magari un ragazzo, per poi vivere con più serenità (magari non abitando più con loro) il momento in cui deciderà (se deciderà) di parlargliene. In questo momento, dalle sue poche parole, forse è ancora troppo vulnerabile rispetto alla loro possibile reazione, forse ancora molto incentrato nel ruolo di “figlio”. Nel momento in cui sarà più sereno e sicuro di sé stesso, non solo in quanto omosessuale intendo, sarà meno carico di paure il pensiero di parlare con loro, con tempistiche e modalità che lei saprà scegliere, e riuscirà ad accettare con più tranquillità anche reazioni inizialmente magari non supportive.
In bocca al lupo!